LA RICORRENZA DEL VENTICINQUESIMO DI UN GRANDE ALPINISTA VIENE RIALLACCIATA ALLA RIPRESA DELLE SERATE GAMMA CON I PROTAGONISTI DEL PIÙ ALTO LIVELLO L’INCONTRO CON SIMON YATES E’ IN PROGRAMMA PER LE ORE 21.00 DI MERCOLEDÌ 11 NOVEMBRE
17 febbraio 2015: per molti sarà stato un giorno come un altro, per altri invece sarà potuta essere una data particolare, per ricordare e festeggiare la ricorrenza di un anniversario che ha inciso più o meno profondamente sulla propria esistenza. Non pensiamo che sia stato rilevante il numero delle persone che abbiano accostato questa data a quella del 1990, quando cessava tragicamente di vivere uno dei più grandi alpinisti di ogni tempo, Jean Marc Boivin. Quest’anno appunto la scomparsa dell’alpinista francese sarebbe potuta essere avvertita con un opportuno risalto, per il fatto che la ricorrenza si compiva a distanza di una di quelle cifre tonde che ne amplificano il significato: 25 anni, un quarto di secolo. Per chi si sente preso dalle vicende dell’alpinismo, anche i grandi dei decenni passati non si possono perdere in un buio tramonto, e Jean Marc Boivin appartiene di certo alla ristretta schiera dei giganti della montagna. Di proposito usiamo per lui il termine generico di montagna, perché ad essa Jean Marc ha dedicato tutta la sua vita accostandola sotto ogni aspetto, non legato in modo escluso all’alpinismo. Pure se questa è stata la sua attività predominante, da vero innamorato, la montagna l’ha circuita in ogni maniera, precedendo tutti quelli che in definitiva presero poi da lui le mosse. Della montagna ha fatto il luogo dei suoi sogni e delle sue iniziative, a partire dagli spericolati voli con paracadute, parapendio, deltaplano e base jumping, dalle pazzesche discese con gli sci, fino alle originali testimonianze dello sport estremo in montagna, conferita dalle immagini delle telecamere che portava sempre con sé. Perfino con la sua morte è riuscito a stringere un ulteriore e più forte legame con la montagna, mettendo a repentaglio la vita nel lanciarsi con il paracadute dai 900 metri del Salto Angel in Venezuela, la cascata più alta del mondo, per soccorrere un suo compagno. Un gesto di generosità, perchè lui quell’importante successo l’aveva già conseguito in precedenza: ma anche quella volta non poté resistere, nell’aprire la vela, al suo istinto di cercare il limite estremo, e atterrando morì dissanguato, dopo aver invitato i soccorritori ad occuparsi dell’amico, prima di lui. Ma quel giorno la sua storia divenne leggenda.
Jean Marc Boivin, che era nato a Digione il 6 aprile 1951, aveva studiato da perito tecnico, ma volle essere subito professionista dell’avventura. Lo troviamo come Guida Alpina, Maestro di sci, Maestro di volo libero e produttore di film. La sua storia fino al 1986 è raccontata nell’autobiografia dal titolo “L’uomo dei ghiacci” e in una decina di film. Fu solo a partire da inizio degli anni ‘80 che cominciò ad essere apprezzato dal grande pubblico, grazie alla rappresentazione che fece di lui Ambrogio Fogar in una delle sue storiche trasmissioni del ciclo “Jonathan” su Italia 1. Ed è praticamente da quel periodo che prendono enorme risalto le sue poliedriche imprese. Raccontare, anche solo succintamente, tutto ciò che ha fatto, risulterebbe riduttivo e impossibile per un breve trafiletto. Chiedere a chi lo ha conosciuto quale sia stata la sua più grande impresa, vorrebbe dire ottenere da ognuno una risposta diversa. Alpinista di alto livello, esploratore, scalatore sui ghiacci, sciatore estremo, amante del volo, ossessionato dalla sperimentazione: Boivin era tutto questo, e soprattutto lo è stato spesso prima di tutti gli altri, tanto che molti ipotizzano una linea di demarcazione tra ciò che l’estremo era prima della sua scomparsa e ciò che è diventato successivamente.
Un personaggio di questa levatura non era però sfuggito in casa Gamma già quando Jean Marc era poco oltre i suoi esordi: il gruppo alpinistico lecchese del resto aveva sempre avuto un fiuto straordinario per comprendere le qualità e le potenzialità degli alpinisti che iniziavano ad affacciarsi su questo palcoscenico. L’intento del gruppo Gamma in questo senso si svolgeva nella funzione di tener desta la tradizione alpinistica cittadina e di incrementare l’interesse dei più giovani verso un’attività sportiva dove le precedenti generazioni avevano mietuto numerosi allori per se stessi e suscitato l’ammirazione di tutto il mondo per la nostra città. Jean Marc Boivin fu invitato a Lecco dai Gamma (tra i primi in Italia) per una serata che certamente rimane ancora memorabile per la folla di appassionati che erano accorsi ad ascoltarlo al Cinema Marconi, in una sala gremita all’inverosimile. Si era nel 1980, proprio l’epoca in cui Boivin si apprestava a compiere il prodigioso balzo verso le sue imprese più importanti, conquistando quei primati che indussero Roberto Mantovani, uno dei più competenti storici di alpinismo, a scrivere a sei anni dalla sua scomparsa: “E’ materia troppo fresca per dire se sia stato il più grande in assoluto, ma è stato un grande atleta in un periodo che sembra già lontano. Quasi nessuno dei record di Boivin è stato imbattuto, ma questo non ha importanza, perché se in questi anni il mondo della montagna è progredito, molto del merito è suo”.
In questo intreccio di ricorrenza, di iniziative e di passione cittadina per l’alpinismo, si fa visibile un risultato che era solo silenziosamente atteso da molti: il ritorno in città dei protagonisti della montagna di livello mondiale. Di questo si è fatto carico nuovamente il gruppo Gamma, ancora con gli stessi intenti che li avevano orientati a presentare Jean Marc Boivin, come pure tanti altri straordinari alpinisti prima e dopo di lui.
L’incontro è programmato per le ore 21 di mercoledì 11 novembre presso il Cine Teatro Palladium: Simon Yates è un personaggio arcinoto, che non necessita di presentazioni. Non è un alpinista giovanissimo come lo era Jean Marc Boivin nel 1980: ma, pur dopo una carriera di trent’anni, questo splendido inglese dall’humour irresistibile si trova ancora in piena attività, nella ricerca sfrenata e appassionata di tante montagne nuove, su cui potrà scrivere storie straordinarie, come quelle che ci verrà a illustrare e raccontare in una serata che rimarrà indimenticabile per più differenti motivi.
Renato Frigerio
Note
Per polivalenza, innovazione e velocità tra gli exploit di Boivin si segnalano: i voli – dal K2 (8616m), in Karakorum, discesa in deltaplano, record mondiale di altitudine da quota 7600m, nel 1979; dall’Aconcagua (6962m), in Argentina, in deltaplano biposto con D. Marchal, record mondiale di altitudine, nel 1981; dal Gasherbrum II (8035m), in Karakorum: decollo in deltaplano dalla cima, record mondiale di altitudine, nel 1985; dal Ritacuba (5200m), in Colombia, atterraggio di precisione sulla vetta dopo il lancio da un aereo; dal Cervino (4478m). decollo in deltaplano, nel 1980; dall’Everest (8846m): 11 minuti per raggiungere il Campo II, decollo in parapendio, record mondiale di altitudine, nel 1986; dal Salto Angel (972m), in base jump, nel 1990. I concatenamenti – Cervino: la famosa tripletta. Discesa dalla parete Est con gli sci, decollo col delta dalla cima e scalata della parete Nord in solitaria, in sole 4h e 10’, nel 1980; il capolavoro sul Bianco: 4 pareti e 4 voli in un solo giorno. Quattro pareti Nord in meno di 24 ore, di cui 17 di scalata. Aiguille Verte (4785m) e discesa con paracadute direzionale; Les Droites (4000m) e discesa in deltaplano; Les Courtes (3856m) e discesa in deltaplano; Les Grandes Jorasses (4208m) e discesa in deltaplano a Chamonix, nel 1986. Lo sci estremo – sul Monte Bianco, cinque discese in un giorno solo, nel 1987: Aiguille Verte (60/65°); Aiguille du Moine (3412m) parete Ovest (50/55°), che nessuno aveva mai tentato; Drus (3733m), parete Sud (60/65°); Grandes Jorasses, parete Sud (45/50°); Les Courtes, parete Nord (55/60°). Altre discese: Huascaràn (6768m), parete Sud (50°); Huascaràn (6650m), parete Nord (50/55°); Pisco (5780m) parete Nord (50/55°); Quirataju (6100m), parete Nord (50/55°), nelle Ande. Sulle Alpi: Aiguille Verte, couloir en Y (50/55°); Courtes, parete Nordest (55/60°); Cervino, parete Est (45/50°); Monte Bianco du Tacul (4249m), via Kuffner (55/60°). Le spedizioni – K2,1979; Aconcagua, 1981; Patagonia (vela-montagna, prima traversata completa dello Hielo Continental Sur, 1982/83, con entrata dal Fiordo Falcon e uscita per il ghiacciaio Viedma; Amazzonia, 1984; Gasherbrum II, 1985, in solitaria; Everest, 1986. Altre scalate principali – roccia: Monte Bianco, cresta di Peutèrey integrale in solitaria in 10h e 30’, nei giorni 9 e 10 luglio 1983; Eiger (3970m), parete Nord in solitaria con l’uscita per la Direttissima Americana in 7h e 30’, il 31 luglio 1983. Ghiaccio: Pilier d’Angle, prima in solitaria alla via Bonatti-Zappelli, in 4 ore, nel 1978.